L’accompagnamento spirituale dei malati (IV)
Il cristiano non ha paura di aiutare gli altri |
4.2 Alcuni elementi per il discernimento vocazionale
Quando siamo in mezzo a questa epidemia di Coronavirus, si conclude questa serie di articoli sull’accompagnamento spirituale dei malati. Quanto è importante trovare un senso alla malattia, come abbiamo visto nel primo articolo, sul cristiano di fronte alla malattia. Oggi più che mai si conferma che aiutare chi è malato è un compito entusiasmante.
Rifletteremo ora sul discernimento dell’idoneità, dal punto di vista psicologico, ad una specifica vocazione. Si veda anche, in spagnolo, il libro El sacerdote, psicología de una vocación.
Per decidere se una persona è adatta o meno a un determinato percorso, è necessario prendere in considerazione alcune caratteristiche. Non parleremo dell’aspetto più importane, cioè le condizioni spirituali, ma solo di una parte delle esigenze umane richieste nei candidati: la salute psichica. La prima cosa da fare è stabilire se la personalità di base è normale. Le caratteristiche pericolose della personalità, di cui abbiamo parlato, devono essere esaminate. L’emozione esagerata, un sentimentalismo o volontarismo particolarmente esacerbato, devono essere valutati con attenzione.
Quando negli affetti, nelle passioni, negli ideali non c’è spazio per la ragione; quando tutto sembra sentimento, un impulso ad agire per entusiasmo, il rischio è la frustrazione e la mancanza di perseveranza.
Il passato di un essere umano, la sua storia, ha molta importanza perché è il tempo in cui si è formato come persona. Come nel Vangelo, Dio chiama coloro che che Egli vuole e non mancano oggi vocazioni che nascono da ambienti e situazioni contrarie alla fede e alle buone maniere. Tuttavia, un passato pieno di conflitti o di difetti morali, anche quando sono stati risolti, può lasciare un’impronta difficile da cancellare e rendere certi impegni, come il celibato, un compito molto arduo o addirittura impossibile.
La persistenza di comportamenti anomali nella sessualità può indicare uno squilibrio psicologico ed essere, anche per questo motivo, un segno di inadeguatezza. Altre difficoltà, come la tendenza omosessuale radicata, sono un ostacolo più evidente[41].
Chiunque abbia eccessivi problemi nel vivere una determinata virtù non è un buon candidato, se non migliora. Un difetto di castità può riflettere immaturità o patologia. Coloro che desiderano vivere il celibato apostolico, con una donazione a Dio nella rinuncia a formare una famiglia, e che mantengono gravi problemi di purezza possono rompersi psichicamente rendendosi conto che le loro azioni non sono coerenti alla scelta di vita che hanno deciso di intraprendere. Qualcosa di simile si potrebbe dire di una suscettibilità esagerata, di una forte tendenza ai paragoni con altri, di un’eccessiva attenzione alla salute, al cibo o di una notevole difficoltà nell’essere sinceri.
La maturità è fondamentale per prendere decisioni definitive. Le carenze possono significare ritardi nello sviluppo della personalità, segni di malattia o semplici difetti. Alcune carenze sono più importanti quando si presentano dopo aver superato l’infanzia: alcuni esempi ne sono il non accontentarsi di niente, l’insoddisfazione permanente, la sensazione di essere fraintesi, l’eccessiva selettività nel trattare con gli altri, capricci abbondanti, ostinazione, mancanza abituale di buon senso, difficoltà di programmazione delle attività e di riposare, far sempre ricorso al passato come scusa, suscettibilità quasi morbosa, gelosia, invidia, vanità, eccessiva dipendenza da ciò che diranno gli altri, attaccamento alle cose superficiali (moda, musica, ecc.), emotività esagerata e reazioni sproporzionate, nervosismo di fronte alle normali circostanze della vita ordinaria e alle piccole difficoltà della giornata, pensare troppo alle idee o correzioni ricevute, difficoltà a manifestare il proprio modo d’essere e mancanza di sincerità, distorsioni della realtà, uso improprio del denaro e del tempo, poca tolleranza della frustrazione, frequenti variazioni di umore e rigidità o mancanza di flessibilità.
Nel discernimento, si deve prendere in considerazione ogni persona individualmente. È difficile che una persona buona, ma immatura o con notevoli debolezze di personalità, possa vivere il celibato. Prima di consigliare di assumere tale impegno, è necessario assicurarsi che la persona abbia il giusto equilibrio, anche per non pregiudicare un possibile processo di crescita o di guarigione.
Le malattie psichiatriche rilevanti sono anche un segno per sconsigliare un cammino vocazionale specifico. In particolare la schizofrenia, altre malattie psicotiche, il disturbo bipolare, la depressione endogena, il disturbo ossessivo-compulsivo, la tossicodipendenza, ecc. Anche i disturbi di personalità rendono una persona inadatta, almeno fino a quando non li ha superati stabilmente, il che richiede anni. La prognosi di questi disturbi, come abbiamo visto, è incerta, e peggiora quando i disturbi iniziano ad una età più giovane.
È importante individuare questi casi e conoscere la storia della famiglia, anche sapendo che il fattore ereditario non determina totalmente il modo di essere. In generale, si dovrebbe essere particolarmente cauti quando i candidati sono molto nervosi, o con idee e reazioni fuori dal comune. Quando si notano caratteristiche pericolose, la storia familiare diventa più rilevante.
Molte malattie psichiche si manifestano prima dei 25 anni – almeno con elementi che permettono di sospettarle – ma a volte i sintomi appaiono più tardi. Per questo vale la pena ricordare alcuni dei tratti che predispongono alla malattia: timidezza esagerata, complessi o traumi, eccessiva insicurezza, tendenza all’isolamento, fobie sociali o di altro tipo, mancanza di autocontrollo, pensieri ossessivi, reazioni compulsive o impulsive, perfezionismo e forte volontarismo.
Quando è necessario valutare l’idoneità di una persona, è necessario avere la sicurezza -almeno morale – che sia adatta al passo che desidera compiere. Non sarebbe sufficiente una generica speranza che possa migliorare. È anche inappropriato tenere queste persone a lungo in una situazione di provvisorietà, senza decidere, soprattutto se è in gioco l’orientamento definitivo della loro vita.
L’aiuto di medici o psicologi nel compito di discernimento è utile, ma non fondamentale. Normalmente, l’opinione di coloro che conoscono e vivono con il candidato è più che sufficiente. Tuttavia, una consultazione può essere consigliabile quando, dopo un periodo di tempo sufficiente e una profonda conoscenza da parte dei responsabili del discernimento, rimane qualche dubbio: “È qualcosa di transitorio? Potrà cambiare un’abitudine così dannosa con un farmaco e con più tempo?”. Naturalmente, deve essere ottenuto il consenso esplicito del candidato e tenuto in grande considerazione l’obbligo di segretezza di questi professionisti. Le informazioni ottenute in una visita medica o psicologica appartengono al paziente, che può farle vedere a chi ritiene opportuno.
I test psicologici, sebbene molto utili al medico che in breve tempo deve arrivare ad una diagnosi accurata, non sono indispensabili e neppure sempre sicuri per decidere l’idoneità. Essi sono solitamente effettuati sotto forma di questionari. Se un’alterazione della personalità è così importante da alterare significativamente i test, cioè da rilevare o indicare gravi problemi di personalità, è chiaro che le persone responsabili della decisione circa l’idoneità dei candidati se ne sarebbero già rese conto: alla fine, il test psicologico potrebbe al massimo confermare i dati estratti dall’esperienza di vita con il candidato in questione.
Questo paragrafo sarebbe incompleto se non se non menzionassimo coloro che, dopo aver preso un impegno definitivo nel cammino vocazionale, si rendono conto di trovarsi in circostanze come quelle sopra citate: è stata loro diagnosticata una malattia psichica, hanno difficoltà nella virtù della castità nonostante si siano impegnati al celibato, scoprono gravi insufficienze nella loro personalità, e così via. Potrebbero essere forse spinti a concludere: “Come vedete, non ero adatto, quindi siamo arrivati fin qui…”. La conclusione, secondo la logica soprannaturale, che non si allontana dalla giusta logica umana, dovrebbe andare in un’altra direzione: “Dio, che mi conosce perfettamente, voleva che io fossi con Lui dove sono”. L’ideale di preservare la loro vocazione e di rinnovare la risposta positiva alla chiamata può aiutarli ad affrontare i problemi in modo più deciso e riaffermare il senso della loro vita, che è sempre positiva e va anche a beneficio della salute. Nella direzione spirituale, è necessario aiutarli a riflettere, a non affrettarsi, a mettere in atto tutti i mezzi per migliorare e andare dal medico se necessario[42].
Con la luce dello Spirito Santo, l’opinione di un sacerdote esperto e di un medico cristiano prudente e bravo, potranno ricevere il consiglio più appropriato, adatto alle loro circostanze. Col passare degli anni, chi si lascia guidare dalla Grazia, chi si preoccupa di pregare prima di pensare, per poter agire in seguito, sperimenta la serenità che Dio non si sbaglia, a differenza di noi uomini.
Conclusione
Alla fine di questo articolo, speriamo che sia più chiaro come l’accompagnamento spirituale, in un clima di apertura, spontaneità, semplicità, affetto e comprensione, aiuti i malati ad affrontare soprannaturalmente i loro disturbi; ed anche come sia efficace nel prevenire alcuni sintomi, migliorando il carattere e promuovendo comportamenti di vita sana che hanno il Signore come loro modello.
Abbiamo visto il valore davanti a Dio della malattia fisica e psichica; e abbiamo compreso meglio il rapporto tra le dimensioni dell’essere umano, e come lo spirito è in grado di “tirare su” tutto l’organismo; un organismo che deve essere curato, con il lavoro ordinato, riposo, sonno, umorismo, ecc. affinché possa rimanere a lungo un buono strumento di evangelizzazione.
Vorremmo ricordare che il direttore spirituale deve saper scoprire – o almeno intuire -, con buon senso, che certi sintomi corrispondono a una malattia e non a quella che potrebbe essere una mancanza di lotta, abbandono, pigrizia o tiepidezza, tenendo presente che entrambe le realtà possono verificarsi contemporaneamente. Certe ansie e squilibri nascono quando una persona non vuole “tagliare” con ciò che la separa da Dio e cerca di condurre – a volte senza rendersene conto – una doppia vita, anche se solo sul piano del pensiero.
Tuttavia, è necessario fare attenzione a non attribuire certi comportamenti ad un disturbo psichico prima del tempo, quando rientrano piuttosto all’interno dei normali ostacoli che ogni persona sana incontra nella vita e dal cui superamento dipenderà molto della propria maturità personale. Le persone non dovrebbero mai, come abbiamo detto, essere etichettate[43]. Ci deve sempre essere la speranza di una guarigione o almeno che certe caratteristiche dannose del carattere possano essere migliorate. Anche se non si può eliminare completamente la malattia, si può sempre modificare il proprio atteggiamento nei suoi confronti: vederla con più ottimismo, come figli di Dio.
Ogni cristiano, sano o malato, dovrebbe esercitarsi, secondo le sue possibilità, nell’uscire da se stesso, per volgersi verso Dio e verso gli altri. Questa capacità è chiamata autotrascendenza ed è un segno di salute spirituale e psichica. La condizione opposta è l’egocentrismo, che diventa molto dannoso.
L’autotrascendenza è essenziale ed esclusiva dell’essere umano. È già presente nei bambini e spinge fuori da sé, permette di integrare in un piano superiore – quello che potremmo chiamare personale –, al di là del sé psichico, le tendenze naturali e altri fattori condizionanti. Sant’Agostino scrisse: «I bimbi sono più deboli dei piccoli degli animali nell’uso e nel movimento delle membra e nelle facoltà di conseguire e di evitare. Sembrerebbe che il vigore dell’uomo si levi con tanta superiorità sugli altri animali allo stesso modo che una saetta, tirata indietro mentre si tende l’arco, potenzia il proprio slancio»[44].
Questa capacità deve essere rafforzata nella direzione spirituale. Bisogna aiutare tutti affinché nessuno si concentri troppo su se stesso, sui propri bisogni o sulle proprie difficoltà, ma che si sforzi di rendere la vita e la via verso il Cielo amabile anche agli altri. Dobbiamo sapere come sfruttare le tensioni, il dolore, la malattia: la limitazione diventerà una forza maggiore per slanciarci verso l’alto e in avanti, come la freccia. Giovanni Paolo II ha ricordato che «nessuna adeguata stima dell’uomo o dei requisiti per il compimento umano e il benessere psico-sociale possono essere fatti senza rispetto per la dimensione spirituale e la capacità per l’autotrascendenza»[45].
[39] Cfr. Miguel Ángel Monge Sánchez, Vida espiritual y enfermedad psíquica, in La salud mental y sus cuidados, cit. pp. 201-212.
[40] Cfr. Congregazione per l’educazione cattolica, Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio, 30 ottobre 2008.
[41] Cfr. Id., Istruzione circa i criteri di discernimento vocazionale riguardo alle persone con tendenze omosessuali in vista della loro ammissione al Seminario e agli Ordini sacri, 4 novembre 2005.
[42] Si veda quanto detto su come affrontare i disturbi dell’umore nella sezione 3.5.
[43] Ci sono anche molti psichiatri che preferiscono non mettere delle etichette ai pazienti con sintomi psichici, poiché sono consapevoli della grande varietà di malattie.
[44] Sant’Agostino, La città di Dio, XIII, 3.
[45] Giovanni Paolo II, Discorso ai membri dell’American Psychiatric Association, 4 gennaio 1993.