Meno malattie psichiche nelle famiglie unite

Il mondo è una sfera di cristallo,l’uomo è perduto se non vola



Intervista a Wenceslao Vial, autore di Psicologia e vita cristiana. Cura della salute mentale e spirituale. Luis Javier Moxó Soto.

Fonte: Catholic.net

Di fronte al dramma di tante famiglie distrutte, la fede nel destino eterno degli uomini e delle donne ci indica i mezzi efficaci di prevenzione. La vita cristiana coerente è in grado di appagare la sete di fede e di speranza di coloro che desiderano ardentemente guardare dall’alto, con più luce per capire i dilemmi della loro vita.

  1. In che senso la mancanza di fede può portare alla patologia?

La mancanza di fede non porta necessariamente ad una patologia medica. Tuttavia, una vita di incoerenza tra i propri valori e i comportamenti personali, o una negazione a priori del significato della propria esistenza, potrebbe turbare la persona.

La fede è frutto della grazia divina e, allo stesso tempo, un atto della volontà umana. Ogni persona ha una aspirazione religiosa, che la spinge a cercare Dio. Se ha il dono gratuito di credere, è pure spinta e aiutata ad amare e trattare Dio. Se non ha ricevuto questo dono, la stessa aspirazione religiosa, che si trova nel cuore di ogni persona, muove almeno a cercare il significato di tutto quanto esiste. L’oscura immensità dell’universo diventa più trasparente con la fede.

Chi crede soltanto in se stesso, nelle cose che vedono i suoi occhi e toccano le sue mani, o agisce guidato solo da ciò che comprende pienamente, potrebbe ammalarsi, perché non sarebbe capace di prendere distanza dalle cose più immediate e quindi non in grado di salire verso le realtà superiori. Potrebbe così dubitare – ossessivamente – di tutto: l’elettricità che non vede, il primo uomo sulla luna…

  1. Alcuni dicono di avere fede, ma che rispondono solo alla propria coscienza …

La persona umana è essenzialmente chiamata alla responsabilità, cioè alla capacità di rispondere. E questo richiede che ci sia qualcuno al di fuori di noi, che riceva questa risposta. Un’assoluta autonomia è incompatibile con la fede in un essere superiore, e con le osservazioni della ragione. Coloro che affermano troppo l’autonomia hanno, forse, la paura di essere responsabili, di dover rendere conto, dare risposta delle proprie azioni ad un’altra persona o a Dio.

Non è infrequente che alcuni escludano dalla fede quanto per loro risulta scomodo: essi possono credere in Dio, ma non che possa esigere loro con amore e li guidi verso la bontà, la verità, l’amore, la virtù; aspetti che richiedono uno sforzo per cambiare vita, smettere di guardare solo i piaceri immediati. Intuiscono che c’è una verità superiore, per la quale alcune cose sono buone e altre cattive, ma non vogliono ammetterlo per non dover rispondere con decisione.

Bene ha detto un santo del secondo secolo che Dio è visto da coloro che sono in grado di guardare a lui, se aprono gli occhi dell’anima. L’anima di tutti ha degli occhi. Ma ci sono quelli che li hanno oscurati o chiusi volontariamente e non vedono la luce del sole.

  1. In che modo una malattia può portare ad una mancanza di fede?

La salute è il benessere fisico, psichico e sociale. Se si aggiunge la dimensione spirituale, siamo di fronte alla meravigliosa unità dell’essere umano. Una crepa in una di queste dimensioni può compromettere l’intero edificio; le fessure saranno più o meno profonde. L’indebolimento fisico o mentale può influenzare la dimensione spirituale che sostiene la fede.

La malattia in sé non porta alla mancanza di fede. Alcune, tuttavia, possono impedire l’esercizio dell’intelligenza e della volontà; e, nel danno mentale grave, possono essere impedite le manifestazioni esterne dello spirito. Non sarebbe veramente una perdita di fede, ma un processo di degenerazione del corpo.

La sofferenza è sempre anche una sfida per la fede. La si può rifiutare senza speranza o vederla, con la grazia, come un cammino di crescita: ci rende consapevoli delle limitazione della nostra natura finita, che brama nella ricerca di un significato.

  1. Quali sono i segnali di pericolo?

Nel libro cerco di descrivere i vari segnali di pericolo, per riconoscerli e affrontarli. L’ansia, le ossessioni, lo scoraggiamento mantenuto nel tempo, l’impulsività e le reazioni sproporzionate sono alcuni di essi. Molte volte, quando sentiamo l’allarme di una macchina o di un palazzo, non andiamo a vedere cosa succede, ma pensiamo: “un’altra volta il solito cretino di sempre”. Questo non dovrebbe accadere mai se avvertiamo in noi o negli altri un segno di sofferenza. Dobbiamo trovare ciò che ha fatto scattare l’allarme: un problema fisico, psicologico o spirituale…

Se questi allarmi o sintomi psico-fisici non si fermano, smettono di essere utili e paralizzano la vita spirituale, con l’esaurimento fisico ed emotivo. Si è coniato il termine di burnout (essere bruciato), per definire uno stato di umore basso associato allo stress di alcune professioni di servizio (infermieri, casalinghe, medici, insegnanti, poliziotti, sacerdoti…), in cui la persona sente che il suo sforzo è poco ricambiato, e crolla. Influisce il modo di essere o la personalità previa che rende difficile eseguire i compiti con ordine e misura. Spesso queste persone sono perfezionisti e insicuri, troppo auto-esigenti, con poca tolleranza per la frustrazione o senza capacità di gestire umilmente il successo, che vogliono fare di più di quanto sarebbe prudente.

  1. Vivere bene la fede riesce a prevenire la malattia?

Gli studi scientifici dimostrano che la fede riesce a prevenire alcune malattie e migliora la prognosi di altre. La fede non è un medicinale, ma ci sono molte ragioni per cui è utile alla salute, proprio per l’unità tra le dimensioni della persona. Dà luce all’intelligenza, per cogliere più facilmente ciò che è bene e male, ciò che è virtù o vizio, il valore della temperanza: bere alcolici con moderazione, l’uso della sessualità solo quando c’è l’amore, nel matrimonio e con il proprio coniuge, ecc. La Bibbia contiene molte massime millenarie come questa: “Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nella coppa e scende giù piano piano; finirà con il morderti come un serpente e pungerti come una vipera” (Proverbi 23, 31-32).

Quante cose raffigura oggi questo “vino”: la dipendenza dalla droga, dalla pornografia, da internet, o l’aumento delle famiglie distrutte. Se fossimo più attenti agli allarmi anche spirituali, alle prime scintille, che la fede aiuta a scoprire, non divamperebbe l’incendio.

  1. La fede quindi favorisce la stabilità…

La fede ha una grande efficacia preventiva per la sua stessa definizione: “fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono” (Ebrei 11, 1). Sull’identità di creature amate da Dio poggia la grande speranza di vivere per sempre con Lui: arrivare in paradiso. Per la fede attendiamo quello che non vediamo e abbiamo la fiducia di raggiungere una meta che risveglia il desiderio di vivere con entusiasmo, passione e impegno personale. La vita cristiana non è un immobile ricerca della stabilità personale, ma una tensione serena verso il bene.

  1. La fede serve di aiuto per un pieno sviluppo della personalità?

La fede in Dio ci offre, come ho detto, una solida base per la crescita e rafforza l’identità: saperci noi stessi voluti bene come creature, ammirabili nella nostra mascolinità o femminilità. Il cristianesimo ha aggiunto la convinzione che siamo tutti figli di Dio, che ci riempie di orgoglio. Ma credere non è sufficiente. Abbiamo bisogno di una fede vissuta, con speranza e carità. Solo chi esce da se stesso, si dona agli altri e risponde a loro, risponde anche a Dio.

Il processo di maturità umano porta ad uscire da sé. Il bambino di pochi mesi non è più interessato solo al suo dito, riconosce il volto della mamma e sorride. A poco a poco scopre che lui non è l’unico “re” nel mondo. Smette di ripetere “mio, mio”… Il ragazzo di 13 anni non esige più che i suoi genitori gli comprino una bicicletta, ma aspetta… e forse si comporterà meglio prima del suo compleanno, per riceverla… Si fa strada la speranza e l’umorismo.

Le credenze soprannaturali irrompono in questa realtà e danno un nuovo impulso alla capacità di prendere distanza dalle situazioni, affrontarle con meno drammaticità, superando i contrattempi e ricominciando. Recentemente ho provato il Kaysershmarren: pezzi di pasta frolla, poco formati, con una composta di frutta. Si racconta che il cuoco di Francesco Giuseppe voleva preparare una torta elegante e maestosa, ma qualcosa è andata storta. Senza disperazione, fecce ricorso alla sua capacità immaginazione e servì quella pasta non molto bella. Il dessert è stato molto apprezzato.

Coloro che vivono di fronte a Dio danno meno importanza a quello che la gente possa dire; se fanno qualcosa di sbagliato, ammettono la colpa e chiedono perdono; sostituiscono la vergogna con il pentimento e vanno avanti con gioia. Hanno a disposizione per questo anche il sacramento della misericordia o confessione. Così, sono in grado di prendere decisioni definitive nella vita, come il matrimonio o una vocazione religiosa, e proteggerle in tempi di tempesta. Sanno che c’è qualcuno a cui si possono dirigere, che li ama e chiede loro una risposta.

  1. Si può avere uno sviluppo pieno della personalità senza la fede?

Un mio amico medico mi ha detto: “Come sei fortunato a credere in Dio”. Egli non ha ancora ricevuto la fede, ma è fedele a sua moglie e insieme portano avanti la famiglia e i bambini, cerca di fare bene il suo lavoro e si prende amorosa cura dei suoi pazienti. È sulla buona strada per la maturità, perché agisce in modo responsabile. Dico sulla strada, perché lo sviluppo della personalità è un processo che dura tutta la vita. Solo alla fine potremo dire se siamo giunti alla pienezza o meno.

Le caratteristiche di una personalità matura si possono trovare in chiunque, e non sono diverse dalla maturità cristiana. Fin dall’antichità greca lo sviluppo si basa su una buona conoscenza di se stessi. Tuttavia, il cristiano “corre” con vantaggi perché ha un modello: Cristo, che lo favorisce. Non si ferma nell’immagine che offre uno specchio, ma guarda una persona e cerca di assomigliare a lei. In Cristo trova le chiavi per decifrare i dilemmi dell’esistenza, tra cui la sofferenza.

Senza la fede in un futuro eterno, è più facile farsi travolgere dai falsi beni, dalle scintille di piacere, e scivolare nella disperazione.

  1. È possibile vivere la fede patologicamente?

Ci sono diversi modi anormali di vivere la fede. Il primo e ovvio è quello di imporre il proprio credo con la violenza. Il secondo, più diffuso e dissimulato, è quello di vedere Dio come uno spray, in espressione di Papa Francesco: cioè, come un deodorante per ambienti o qualcosa che serve soltanto in certi momenti, magari in occasione di matrimoni e funerali, ma è assente dalle attività quotidiane, dall’onestà nel lavoro, dal divertimento, dall’aiuto ai più bisognosi. Qui inizia la strada della doppia vita, dei piccoli egoismi che finiscono in grandi; ed è il contesto di un altro estremo pericoloso: chi pensa che la sua fede, la sua religione, è così intima e personale, che non parla mai di essa con nessuno.

Un terzo modo patologico di vivere la fede, più legato alla sfera psicologica, si vede in persone con importanti disturbi nel loro modo di essere. Non mi riferisco a “normali difetti” che tutti noi abbiamo, ma a delle patologie che si formano nel corso degli anni. Tra queste, è frequente il perfezionismo di coloro che credono e vogliono fare le cose bene, ma troppo bene. Per loro c’è un solo modo di tagliare l’erba, un solo modo di fare un dessert e servire i piatti, un solo modo di pregare. Vi è il rimedio, se si vuole mettere, anche se non è semplice e l’effetto non è immediato.

Un’altra anomalia comune è trasformare la fede in superstizione. Ci sono delle persone che cercano degli dei a loro misura: tori, bambole, stregoni, maghi…, a volte per non dover rispondere a un Dio personale.

  1. Come riassumerebbe l’atteggiamento giusto nella vita spirituale?

La vita spirituale sana porta al di fuori di sé. Chi prende le distanze da quanto accade nel suo interno e attorno a sé, chi si arrampica sul balcone della sua vita per vedere in prospettiva, è più felice ed efficace. Gli eventi acquistano la loro reale importanza, le soluzioni sono più facili, c’è più serenità. In tutte le persone vibra la necessità di trovare un senso, c’è un forte desiderio di trascendenza e la voglia di volare, di arrivare in alto.

Molte volte ho visto persone assetate di fede e di speranza, alla ricerca della trascendenza, che desiderano ardentemente guardare dall’alto, con più luce per capire i dilemmi della loro vita, come si riflette in questi versi di Neruda:

Il mondo è una sfera di cristallo,

l’uomo è perduto se non vola:

non può comprendere la trasparenza.

Per questo io professo

la chiarità che mai si è fermata

e dagli uccelli ho imparato

 l’assetata speranza,

la certezza e la verità del volo.

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