Trovare l’identità nel presepio
La filastrocca di Natale
Luigi Vassallo
Il signor Ugo gettò via il giornale con noncuranza e sbuffò due o tre volte.
Era stanco di guerre, dichiarazioni e frasi fatte. Crisi mondiali di qua, crisi mondiali di là.
«Queste crisi mondiali sono crisi di ben altro, te lo dico io!» gridò alla moglie che armeggiava in cucina. Di solito a questa frase lei rispondeva con un bonario “lo so, lo so…”, ma stavolta non rispose, forse non aveva sentito.
Gli occhi di Ugo caddero sul volantino che gli aveva dato quel pomeriggio una ragazzina vestita da elfo fuori da un mercatino parrocchiale. Non l’aveva buttato solo perché era la prima volta che qualcuno gli dava un volantino che non chiedesse soldi.
Era la tipica filastrocca di Natale. Quanto di più lontano dalla sua natura.
Decise di leggerla: si rimise sul naso gli occhiali e il suo sguardo iniziò a scorrere sui versi. Era certo che non avrebbe tardato a trovare le tipiche espressioni del buonismo imperante: era allergico alle poesiole a sfondo religioso.
Si trattava di un componimento strano: rime troppo insulse per definirlo una buona poesia, tema troppo profondo per considerarlo una banale filastrocca. Cercò di identificarsi in qualche metafora, ma scorrevano via una dietro l’altra. Iniziava a chiedersi dove volesse arrivare. Poi giunse a un passaggio che – per un motivo inspiegabile – lo urtò: «Un uovo fritto!? Che assurdità!» gridò infastidito.
Sua moglie stava uscendo dalla cucina e gli si avvicinò: «Cosa c’è adesso?».
«Stiamo scherzando!» disse tendendole il volantino come se fosse un’intimazione di sfratto. «Come si può pensare di voler essere un uovo fritto per Gesù Bambino?».
La moglie lo zittì alzando un dito e lesse la filastrocca. «È bellissima» commentò alla fine.
«Ma l’uovo fritto?» ribadì lui: quel passaggio non gli era andato giù.
«Non sei mica obbligato ad essere un uovo fritto – rispose la moglie – ci sono tanti esempi proprio perché uno possa scegliere quello che preferisce. Davvero non ne trovi nessuno che ti vada bene? Cosa vorresti essere per Gesù Bambino?».
Ugo era sempre più infastidito: adesso anche sua moglie era diventata sensibile ai fervorini buonisti:
«Cosa vorresti essere… cosa vorresti essere!» rispose acido, facendole il verso. Poi alzò la voce: «bisogna per forza voler essere qualcosa per Gesù Bambino?»
Nel silenzio si sentiva solo il rumore delle pentole e degli sportelli. Ugo avvertì un senso di disagio, come se i pezzi stracciati del volantino aspettassero ancora una risposta nel cestino.Guardava davanti a sé col muso duro. Sembrava il bue della grotta di Betlemme. La moglie riapparve nella sagoma della porta: «Cosa vuoi per cena?»
«Fammi un uovo fritto» rispose lui con un mugugno.
Ecco dunque la filastrocca di Natale: puoi recitarla a voce alta, canticchiarla andando a ritmo, leggere in silenzio, fermarti quanto vuoi, ridere, riflettere, piangere, pregare. La puoi anche – senza colpa – cestinare. Ma a chi la legge con almeno un po’ di cuore insegnerà le molte forme e i dettagli dell’amore.