L’accompagnamento spirituale dei malati (III-b)
A volte ti dicono che qualcosa non va e tu non ci credi |
I problemi di personalità sono alla base di molte malattie mentali
Complicano i trattamenti, rendono difficile la vita personale, familiare, sociale e spirituale. La loro frequenza potrebbe essere ridotta, con una maggiore attenzione alla vita familiare. Chi si rende conto di soffrire e di far soffrire gli altri, per il proprio modo di essere, dovrebbe cercare aiuto: sarà più felice!
La personalità è il modo di essere che si forma lungo tutta la vita. È un’organizzazione dinamica, cioè che cambia e si modifica nel tempo, di tutto il sistema psicofisico, che determinerà un particolare modo di pensare e di agire[23]. È il risultato di interazioni tra fattori costituzionali, ambientali, sociali, sociali, ecc. dove la religiosità ha un’importanza fondamentale. Vedremo anche gli scrupoli tra malattia e normalità, i disturbi alimentari, i problemi legati alla sessualità e l’alcolismo e le dipendenze.
3.6 La personalità matura e i suoi disturbi
È comune distinguere due elementi nella struttura della personalità: il temperamento, come substrato fisiologico del funzionamento psichico, che è l’insieme delle caratteristiche ereditate che si sviluppano sin dalla nascita, e il carattere, costituito dagli aspetti del modo di essere acquisiti a partire da influenze esterne come l’istruzione, la formazione, gli eventi e le interazioni sociali e i condizionamenti socio-culturali.
Ci sono numerosi modi di classificare le persone in base al loro temperamento o carattere e ancora più frequenti sono i tentativi di definire che cos’è una personalità matura. Senza entrare nel dettaglio, possiamo affermare che la personalità matura di un cristiano è quella che più si avvicina al Modello: «[…] D’accordo: devi avere personalità, ma la tua deve cercare di identificarsi con Cristo»[24].
Sia gli atti buoni o virtuosi sia quelli cattivi o viziosi influenzano la personalità: la arricchiscono o la impoveriscono rispettivamente. Ci sono alcuni tratti caratteriali che sono considerati pericolosi, perché ostacolano la maturità e l’adattamento all’ambiente e possono generare qualche tipo di patologia psichica. Alcuni esempi sono il perfezionismo, l’attivismo, l’impulsività, l’insicurezza, la bassa autostima e l’ossessività.
Quando questi tratti o caratteristiche superano un certo limite, insorgono malattie o disturbi della personalità. Sono comportamenti e tratti di carattere negativo o patologico, costanti, rigidi, che influenzano l’intera esistenza del soggetto in tutto il suo stile di vita. Si presentano come modi strutturati e particolari di pensare, di percepire la realtà, di relazionarsi con il mondo e con gli altri, che sono lontani da ciò che ci si aspetta in quella cultura e ambiente. Si manifestano in tutti i settori della personalità: conoscenza, affettività, controllo degli impulsi, relazioni interpersonali, sociali e lavorative. Conducono ad un forte senso di vuoto esistenziale e molta sofferenza.
I disturbi di personalità iniziano a causare problemi nell’adolescenza o nella prima età adulta. Per la diagnosi è necessario che i tratti siano veramente inflessibili – non solo presenti in alcuni momenti o come risultato dell’adattamento a determinate circostanze – e che compromettano significativamente il normale funzionamento della persona o causino sofferenza soggettiva. Pur essendo di solito stabili nel tempo, con un adeguato trattamento psicologico – che si chiama psicoterapia – migliorano notevolmente.
Capire questi disturbi serve per aiutare molte persone e anche per conoscere meglio se stessi. Si devono differenziare dai normali difetti, anche se alcuni mezzi per affrontarli sono simili. La causa esatta delle malattie della personalità non è nota. I fattori genetici e del percorso formativo hanno un’influenza significativa: le carenze familiari, in particolare la mancanza di affetto o abusi subiti nell’infanzia, l’educazione, le relazioni interpersonali e le esperienze negative. Le persone con un’intensa vita spirituale hanno un’arma in più per superare i tratti anomali.
Il Manuale delle Malattie Psichiatriche (DSM-5) li presenta in tre gruppi, dove ci sono molte sovrapposizioni:
- Gruppo A: Disturbi della personalità paranoici, schizoidi e schizotipici. Sono persone che sembrano strane o eccentriche.
- Gruppo B: Disturbi di personalità antisociali, borderline, istrionici e narcisistici. Sono persone molto emotive, melodrammatiche, imprevedibili.
- Gruppo C: Disturbi Evitativi o Ansiosi, Dipendenti e Ossessivo-Compulsivi della personalità. Sono persone con un’ansia o una paura permanente.
Esamineremo brevemente le caratteristiche di ciascuno di questi tipi di personalità.
Schizoidi: si presentano freddi e lontani, con poca esperienza emotiva, sono soli e rifiutano le relazioni sociali.
Schizotipici: nel passato si diagnosticavano come schizofrenia semplice; hanno pensieri e comportamenti stravaganti, spesso hanno una storia familiare di schizofrenia, e in situazioni di stress possono presentare sintomi psicotici.
Paranoidi: sono freddi e lontani nelle relazioni sociali, costantemente sospettosi degli altri, portatori di rancori molteplici.
Antisociali: non seguono regole morali o sociali; hanno un profondo deficit di autostima che si trasforma in oppressione degli altri; spesso cadono in droghe e altri tipi di dipendenza.
Disturbo borderline della personalità: il 75% è costituito da donne; hanno anch’essi bassa autostima; sono molto impulsivi, ansiosi e irritabili; cambiano improvvisamente di umore, alternando rabbia e gioia; sono instabili nelle relazioni sociali; sviluppano idee paranoiche e spesso autolesionismo nel tentativo di neutralizzare il dolore psichico (la sofferenza causata da esso) con il dolore fisico.
Istrionici: assumono un atteggiamento teatrale, con emozioni esagerate; reagiscono male se non sono al centro dell’attenzione; seducenti e provocativi.
Narcisisti: coltivano idee irrealistiche di grandezza, sentimenti di superiorità; credono di essere speciali o unici; approfittano degli altri per i propri fini; cadono nell’invidia; mancano di empatia o della capacità di accorgersi di ciò che accade intorno a loro e di ciò di cui gli altri hanno bisogno.
Evitanti o ansiosi: evitano ogni situazione di rischio e i contatti interpersonali – anche se li vorrebbero – per paura del rifiuto, della vergogna, del ridicolo e dell’umiliazione; si sentono personalmente inferiori agli altri; hanno paura di parlare in pubblico o di essere al centro dell’attenzione; soffrono di isolamento.
Dipendenti: manifestano una dipendenza patologica dagli altri; sono incapaci di decidere da soli; hanno paura di essere abbandonati a causa della loro grande insicurezza, che porta ad un atteggiamento di totale sottomissione.
Ossessivo-compulsivo o anancastico: sono perfezionisti, inflessibili ed eccessivamente preoccupati dell’ordine; odiano gli errori e hanno difficoltà a decidere per paura di sbagliare, il che li porterebbe a perdere la stima e l’apprezzamento degli altri e a riaccendere il loro profondo senso di inferiorità; sono troppo attenti ai dettagli, alle regole, alle liste di cose da fare, il che li fa sentire utili e preziosi; si dedicano ossessivamente al lavoro; non hanno la capacità di delegare a causa della sfiducia e della necessità di controllare tutto; cadono spesso in scrupoli.
La prevenzione dei disturbi di personalità sembra possibile se l’ambiente familiare è curato e i tratti pericolosi sono individuati precocemente; nei giovani è più facile porvi rimedio, perché la personalità è più duttile. Questo compito appartiene in primo luogo ai genitori, ma anche agli insegnanti e, in una certa misura, al direttore spirituale. I disturbi di personalità si formano nell’arco di diversi anni; la guarigione, quindi, richiederà tempi prolungati. L’ansia e la depressione, che spesso accompagnano questi disturbi, dovrebbero essere ridotte e le relazioni interpersonali riorientate. I farmaci sono meno utili che in altri disturbi.
Trattare con questi pazienti è difficile, quindi la pazienza è essenziale. Con calma e serenità, è bene dire loro cosa si vede dall’esterno nel loro modo di essere e di agire. La delicatezza deve essere estrema perché non si sentano feriti o si rafforzino in una falsa convinzione: gli altri fanno di tutto per infastidirmi. Sono da evitare i commenti o gli atteggiamenti sarcastici.
Di fronte ad una persona arrabbiata o agitata – come non di rado si presentano – la calma e l’autocontrollo devono essere curati ancora di più.
Come in molte altre occasioni, un interlocutore pacifico e calmo domina sul nervoso e inquieto: la pace può essere mantenuta con toni concilianti.
Spesso le persone con personalità alterate non si considerano malate, per cui è difficile per loro accettare l’assistenza medica. Quando si lamentano della loro sofferenza, si può ricordare loro che è possibile modificare, con l’aiuto degli esperti, il modo di essere, il loro rapporto con se stessi e con gli altri, per dare una nuova direzione alla loro vita. Accettare la difficoltà è già cominciare a cambiare. È auspicabile che si accostino al sacramento della confessione con frequenza: la grazia di Dio e il perdono che ricevono sarà efficace, e renderà loro facile scoprire i loro errori e i peccati, più o meno coscienti. A volte, è essenziale che anch’essi imparino a perdonare e a dimenticare alcune ferite del passato. Se hanno idee di autolesionismo o sintomi psicotici, l’intervento del medico è urgente.
In pratica, è comune trovare persone con alcuni tratti negativi – tutti ne hanno alcuni – che non costituiscono però un disturbo della personalità, per mancanza di intensità e perché non compromettono seriamente il normale funzionamento dell’individuo. Non è sempre facile distinguere tra una malattia di personalità, una caratteristica patologica del modo di essere, un semplice difetto transitorio o una mancanza di maturità psicologica[25].
Quando c’è un disagio soggettivo significativo o duraturo o conseguenze esterne negative, come conflitti familiari e sociali, è probabile che esista un problema di personalità ed è consigliabile consultare un medico esperto. Anche se non si soddisfano i criteri per diagnosticare una malattia, queste persone potranno trarre dei benefici da un’assistenza medica o psicologica. È rischioso lasciar passare il tempo, in quanto può ritardare la diagnosi o permettere ai tratti pericolosi di cristallizzarsi e stabilizzarsi.
Anche le persone con difetti di carattere marcati dovrebbero riconoscere il loro problema. Dovrebbero essere incoraggiati a fidarsi degli altri, di coloro che li conoscono e vogliono aiutarli. Ammettere come uno sia è intimamente legato all’accettazione degli altri: questa è la base della virtù dell’umiltà, che regola l’autostima e la stima che abbiamo per gli altri. Il riconoscimento deve andare di pari passo con lo sforzo, affidandosi alla grazia di Dio, per superare una difficoltà o migliorare un difetto. Ci riferiremo ad alcuni casi.
Un’attenzione particolare va rivolta a chi è eccessivamente concentrato su se stesso ed è incapace di scoprire qualcosa di buono negli altri o nel mondo; a chi diventa nervoso per molte circostanze e per i modi di essere propri o degli altri – “Non mi piace come veste, come parla o come mangia” –; a chi giudica con irritabilità – “Perché fa questo così?”, che spesso nasconde un: “Perché non lo fa come me?” –; a chi vede ogni questione in modo autoreferenziale e pessimista. Molte gravi carenze di carattere nascondono un fattore comune, una sorta di terreno fertile dove crescono altri tratti pericolosi: l’egocentrismo[26]. Mai, tuttavia, queste persone devono essere etichettate: “Ormai lo sappiamo, è così”. È possibile cambiare, anche se la lotta, lo sforzo sereno e costante può prolungarsi per tutta la vita.
Una prima caratteristica negativa che va sottolineata è il perfezionismo, che a livello patologico si osserva nel disturbo ossessivo-compulsivo della personalità e in alcune persone con depressione. Può essere collegato alla superbia: cercare di fare le cose bene per amore di se stessi e non per amore di Dio. Ma può anche non essersi sviluppato per orgoglio, ed essere radicato piuttosto nel carattere. I perfezionisti sono persone che vivono in attesa del futuro, con poca tolleranza per le cose in sospeso e una forte dipendenza dall’opinione altrui. È spesso accompagnata da volontarismo, iperresponsabilità e attivismo.
San Josemaría scrisse nel Cammino: «Galoppare, galoppare!… Fare, fare!… Febbre, follia di movimento… Meravigliosi edifici materiali… Spiritualmente: legni di cassetta, miseri drappeggi, cartoni pitturati… galoppare, fare! -E tanta gente che corre: un andirivieni. È che lavorano puntando solo al momento attuale: “sono” sempre “al presente”. -Tu…, tu devi vedere le cose con visione d’eternità, “mettendo al presente” il termine finale e il passato… Calma. -Pace. -Vita intensa dentro di te. Senza galoppare, senza la pazzia di cambiare di posto, nel luogo che nella vita ti spetta, tu, come una poderosa dinamo spirituale, a quanti darai luce ed energia!…, senza perdere il tuo vigore e la tua luce»[27].
L’obiettivo che può essere proposto ad alcuni perfezionisti è quello di dirigere abitualmente lo sguardo al Cielo, senza trasformare l’ordine, la puntualità o qualsiasi virtù in un fine a se stesso. Si cerchi di aiutarli a vivere con la serenità proveniente dal sapere di essere una persona per definizione imperfetta, in un mondo imperfetto e con altre persone anche imperfette. Il passo indispensabile è giungere all’umiltà di ammettere che si sta galoppando senza senso, e di chiedere aiuto.
Devono cercare di «vedere le cose con visione d’eternità» per scoprire il senso dell’amore umano e divino, la realtà di Dio che ci attende. Cominciare e ricominciare senza stancarsi, esercitando la pazienza anche con se stessi. Bisogna insistere sul fatto che la priorità non è fare le cose, ma farle per amore di Dio e degli altri, con una «vita intensa dentro» che trabocca, per dare «luce ed energia» a molti, sapendoli ascoltare e perdonare. Il volontarista deve aprirsi agli altri; deve saper gioire e divertirsi con i suoi parenti e amici, anche se gli sembra di perdere il suo tempo.
I perfezionisti dovrebbero essere incoraggiati a fare le cose con una convinzione interiore: “Perché lo voglio”. Devono accettare il fatto che non è possibile arrivare a tutto. Il gusto per una vita sana e virtuosa non è il desiderio di un bambino determinato a realizzare ciò che gli piace – un gelato, un capriccio -, ma un desiderio radicato nella maturità: voglio perché faccio mio ciò a cui tengo, perché condivido l’obiettivo, per amore di chi mi dà un incarico o un lavoro, per donazione. Dio non ci chiede di galoppare per fare ogni giorno cose sempre più difficili, come il povero orso del circo che un giorno è stato messo su due gambe, l’altro su una bicicletta, poi con i pattini sul ghiaccio.
Dio, il più delle volte, ci chiede di risolvere gli stessi problemi ogni giorno, ma sempre con più amore. I piccoli propositi sono utili e ricordano continuamente che la vita cristiana è gioiosa. In pratica, li aiuterà avere alcuni hobby o attività che li portino ad imparare a godersi la vita quotidiana. Devono esercitarsi ad essere flessibili, nell’accettare cambiamenti di orari o piani, nell’offrire le piccole contrarietà a Dio con un sorriso.
Occorre promuovere un atteggiamento positivo: che cerchino le cose buone negli altri e in se stessi; che imparino a ridere e accettino la possibilità di sbagliare. Non possono sentirsi chiamati a risolvere tutti i problemi dell’umanità. La semplicità e l’abbandono in Dio sono importanti.
In un contesto appropriato, possono essere proposti ai perfezionisti degli esercizi volti ad attenuare le caratteristiche dannose della loro personalità. Ad esempio, a una persona che è sopraffatta perché pensa di dover correggere immediatamente ciò che ritiene sbagliato potrebbe essere consigliato di aspettare qualche giorno prima di commentare qualcosa. A chi non finisce mai un lavoro perché pensa che non sia ancora perfetto, si può ricordare che il meglio è nemico del buono, o consigliarle che deliberatamente lasci qualcosa fatta meno bene. A coloro che non hanno mai tempo per divertirsi o riposare, serve avere un programma che includa attività ricreative. A chiunque pensi che solo lui ha ragione o solo lui fa bene le cose, chiedere di lasciare che gli altri agiscano, che impari a cercare aiuto e consigli. Se hanno una tendenza ai giudizi negativi, che facciano lo sforzo quotidiano per dire e pensare bene di tutto e di tutti, senza valutazioni affrettate e spesso errate.
Un secondo tratto negativo è l’instabilità affettiva. Anche se gli stati d’animo cambiano per molti motivi normali e spesso banali, alcune persone hanno fluttuazioni più continue. L’affettività – sentimenti, emozioni e passioni – viene amplificata o ridotta. Queste persone sono solitamente molto sensibili o sentimentali. Esse hanno la tendenza a ricordare per lungo tempo malintesi falsi o reali o danni subiti. Questa suscettibilità emerge in certi momenti a modo di esplosioni sproporzionate in seguito a stimoli insignificanti. Spesso hanno un concetto negativo di se stessi: “Io sono inutile, nessuno mi vuole bene”. Creano forti dipendenze da altre persone e sono molto selettivi nei loro rapporti. Cedono alla gelosia e ai confronti: “Perché a lui e non a me?”.
È bene parlare con loro della certezza di essere figli di Dio, del bisogno di dimenticare noi stessi e di esercitare l’umiltà, e aiutarli a parlare della loro affettività, dell’invidia, dei confronti. È necessario scoprire loro il significato della Croce, in modo che crescano in fortezza e temperanza. Siano incoraggiati a promuovere la loro autonomia, affinché sappiano assumersi la responsabilità delle loro scelte, dei loro modi di agire e delle loro opinioni, il che è compatibile con una sana sfiducia nei loro sentimenti.
In questo modo impareranno ad agire per amore, senza prestare troppa attenzione allo stato d’animo. Sapranno perdonare le offese e gioire sinceramente del bene e delle virtù degli altri. Possono chiedere nella preghiera vedere con gli occhi di Cristo, facendo proprio il desiderio di San Giovanni Battista: «Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3, 30).
Un terzo tratto che predispone alla malattia è la tendenza al pessimismo e alla tristezza. A volte si trova in persone complicate e introverse, che non riescono a reagire prontamente alle difficoltà. L’autostima è bassa, e lo è ancora di più se hanno avuto dei fallimenti. Sono spesso insicuri e irritabili. Si capisce che si possano isolare, che si chiudano nel loro mondo interiore e si sentano incompresi. Possono aver subito esperienze passate negative che non sono state assimilate: forse alcune di quelle esperienze sono causa di vergogna e non sono mai state raccontate o confessate nel sacramento della riconciliazione; a volte sono solo piccoli successi che l’immaginazione aumenta. Esternamente sono persone formali e tendono a muoversi per dovere e non per amore di Dio.
È bene parlare con queste persone della virtù della gioia e delle sue manifestazioni e consigliare loro di sorridere di più per cercare di avere un’espressione che dia pace, come il volto di Cristo. Servirà loro imparare a sdrammatizzare le situazioni esterne o interne, gli stessi difetti. È necessario aiutarli a conoscere i loro sentimenti personali e a intuire quelli degli altri: capire come si sono formati, per non aver paura di manifestarli. Serve anche che svolgano attività insieme agli altri, condividendo tempo, gioie e dolori, riposo e interessi; che abbandonino l’autocommiserazione e l’isolamento; che imparino a lavorare in gruppo, senza affidarsi esclusivamente alle proprie capacità.
Come esercizi pratici, si può raccomandare loro di sforzarsi per fare bene le cose per amore di Dio e degli altri, anche quando non ci sia desiderio o gusto; e pensare che gli altri li capiscono, anche quando sembra loro che non lo fanno. Che cerchino di agire con pace, convinti di fare bene le cose, a meno che non venga loro detto il contrario in un punto specifico: se scoprono dei difetti veri o mancanze, che cerchino un rimedio e chiedano aiuto.
I casi di cui sopra vanno distinti da quelli che vivono situazioni di tristezza e abbandono come prove straordinarie di Dio. Ci allontanerebbe dagli obiettivi di queste pagine entrare in questo fenomeno, che molti santi hanno vissuto. Il consiglio dei santi, tuttavia, è utile a chiunque stia attraversando momenti di scoraggiamento o addirittura di depressione. Santa Teresa di Lisieux, in mezzo a una di queste situazioni, esclamò: “Nonostante questa prova, che mi toglie ogni gioia, posso dire, tuttavia: “Signore, tu mi colmi di gioia con tutto quello che fai” (Salmo 91). Perché, c’è forse una gioia più grande di quella di soffrire per tuo amore?… Più la sofferenza è intima e meno appare agli occhi delle creature, più ti rallegra, o mio Dio»[28].
Così si esprimeva San Josemaría: «Dammi, Gesù, una Croce senza cirenei. Ho detto male: avrò bisogno della tua grazia, del tuo aiuto, come in tutto; sii Tu il mio Cireneo. Con te, Dio mio, non c’è prova di cui abbia paura… – Ma, e se la Croce fosse il tedio, la tristezza? – Io ti dico, Signore, che, con Te, sarei lietamente triste»[29]. Se il sintomo depressivo o il malessere non scompare, almeno l’atteggiamento cambia e si facilita un miglioramento.
Un’altra caratteristica che appare nelle persone con tendenza alla depressione è l’insicurezza. I consigli sono simili a quelli offerti per i perfezionisti e quelli che vedremo per gli scrupolosi. L’insicurezza può aumentare quando si osservano i limiti della vita: coloro che pensavano di sapere tutto, di essere i migliori, si rendono conto che si sbagliano, che ci sono molte cose che non hanno imparato, che non possono cambiare secondo la loro volontà. Alcuni traumi dovuti a carenze fisiche o intellettuali, reali o immaginarie, aggravano il problema.
Gli insicuri tendono a cercare il riconoscimento e l’accettazione. Cadono nei confronti e dipendono molto da quello che diranno gli altri. Per paura di fallire o di fare una brutta figura possono rimanere immobili, smettere di decidere e non chiedere aiuto. Questa caratteristica porta alla tristezza e all’isolamento e non è raro che assumano un atteggiamento brusco o arrogante come difesa. Essi tendono ad essere rigidi sulle opinioni personali e su alcune questioni. Come gli adolescenti, sono inclini alla competitività, soprattutto sul lavoro. I giovani professionisti con questa tendenza abbracciano l’attivismo lavorativo.
Hanno bisogno di essere convinti che un figlio di Dio decide in ogni momento sapendo che può commettere un errore. Devono accettare che la sicurezza al cento per cento sulla terra è impossibile; e praticare atti di contrizione, con la gioia del figlio che ritorna tra le braccia del Padre. Miglioreranno se scoprono che la sicurezza è in Dio e agiscono pensando che si trovano alla sua presenza, se accettano la realtà: «Davvero la vita, di per sé limitata e insicura, a volte diventa difficile. – Ma questo contribuirà a renderti più soprannaturale, a farti vedere la mano di Dio: e così sarai più umano e più comprensivo con chi ti sta accanto»[30].
Per prevenire lo sviluppo di personalità poco sicure, nell’educazione o nella formazione dei giovani, è meglio non dare loro tutto come già fatto e deciso, ma incoraggiare l’iniziativa personale. Bisogna proporre degli obiettivi possibili. È necessario infondere un senso di vera sicurezza e aiutare a scoprire l’immenso valore che ognuno ha in virtù del suo essere figlio di Dio, redento da Gesù Cristo. Si affronta così la vita nel presente senza sognare altre realtà, e si mette in pratica la capacità di decisione: «La libertà dell’uomo è sempre nuova e deve sempre nuovamente prendere le sue decisioni»[31].
Un ultimo tratto è il vittimismo. Le parole correlate a questo concetto sono interessanti, perché mostrano bene alcune caratteristiche: autocommiserazione, lamentele, proteste, brontolio, narcisismo. Di solito vedono quello che succede loro con un senso soggettivo di essere qualcuno che si immola, un martire. Hanno una grande difficoltà ad accettare la volontà di Dio, ma anche le normali coincidenze del giorno: qualcosa che non accade a seconda di ciò che è stato pensato, voluto o previsto, o una malattia.
Per certi versi assomigliano a soggetti che soffrono di paranoia: tutto è contro di loro. Non hanno idee deliranti, tranne quando questa malattia si sviluppa. Il vittimismo è legato al narcisismo, alla fissazione sulla propria persona. Cercano continuamente ragioni per lamentarsi, per sentirsi oppressi, sottovalutati, incapaci di fare qualcosa. Hanno un’immagine alterata di se stessi, fluttuando dall’auto-ammirazione all’odio per se stessi. Sono molto impressionabili e possono sentirsi umiliati o feriti per qualsiasi cosa. Interpretano il linguaggio e i gesti, non accontentandosi di ciò che viene loro detto apertamente. Si rivolgono frequentemente al medico per mal di testa, mialgie, dolori articolari, allo stomaco, ecc.
Dobbiamo aiutarli a meditare sulla passione del Signore, l’unica vittima. Se questo viene accettato, il pericolo viene scongiurato. Il pensiero e convinzione di sapere che Gesù Cristo, innocente, ha sofferto per l’umanità, apre orizzonti di donazione e fa scomparire o diminuire il senso anomalo di vittima. Lascia spazio alla felicità e al superamento di ogni dolore reale o fittizio.
3.7 Scrupoli: prova o malattia?
L’etimologia della parola scrupolo riflette il tipo di disagio che produce: deriva dal latino scrupulus, o piccola pietra appuntita, come quelle che possono entrare in una scarpa e causare molto disagio se non vengono rimosse. Così si presentano l’ansia e la paura delle idee ossessive dello scrupoloso.
Gli scrupoli in persone senza patologia sono di solito di breve durata. Se invece non sono qualcosa di fugace, come nell’adolescenza o in chi inizia un percorso spirituale, possono nascondere una malattia psichica che richiede diagnosi e cure mediche: gli scrupoli possono essere il sintomo di un disturbo ossessivo-compulsivo e sono frequenti anche in personalità insicure e perfezioniste.
Ci sono diversi tipi di scrupoli: pensieri immorali in luoghi o situazioni particolari, idee di condanna, preoccupazione continua per i peccati già confessati, ecc. Possono essere accompagnati dalla compulsione, cioè dall’irresistibile spinta ad agire in un certo modo: confessarsi più volte, recitare più preghiere, correre fino all’esaurimento, colpirsi o farsi del male per sfuggire alle tentazioni. Se ci sono manifestazioni di questo tipo che non cedono ai normali consigli, il bisogno di assistenza medica è più chiaro.
È importante distinguere gli scrupoli dalla delicatezza o finezza di coscienza che molte anime hanno. In questi casi, la persona nota con pace i propri difetti e riconosce quando ha fatto qualcosa male, ma il dolore è frutto dell’amore di Dio. Altre volte l’interessato scopre il bisogno di una maggiore esigenza, o che Dio gli chiede un impegno più generoso.
Nei giovani che dicono di avere scrupoli, ci può essere semplicemente un problema di coscienza mal formata o una mancanza di sincerità. Logicamente, ciò che dicono non sarà messo in discussione, ma saranno aiutati a chiarire tutto meglio, nel caso in cui ci siano problemi mal risolti. Bisogna essere delicati, senza forzare, in modo che la persona riesca ad aprirsi, con sincerità, visione soprannaturale, e con il dolore dell’amore.
Di fronte agli scrupoli, si devono prima di tutto utilizzare le risorse soprannaturali, pregando che le persone recuperino sufficiente serenità di coscienza. In seguito, è conveniente spiegare il meccanismo psicologico con cui a volte si formano: ansia anticipatrice. Si tratta di un circolo vizioso: paura di pensare o di sentire qualcosa → sentirla o pensarla con maggiore intensità e la ricorrenza → aumento della paura o l’ansia → pensata o sentita in modo irrazionale, anche se non è desiderata. Questo fenomeno si interrompe se l’importanza di quanto si pensa o si sente viene minimizzata, per quanto possibile con umorismo; e se la persona capisce che le sue idee sono diverse da se stessa. Questo significa prendere le distanze da quelle immagini, per superare l’ossessione. Nella direzione spirituale, facendo appello alle sue risorse morali, si può dire a queste persone, per esempio: “Dio è più felice che tu accetti la possibilità di commettere errori e i tuoi dubbi che con la certezza di non averlo offeso”.
Devono essere convinti che la gioia e la pace dei santi, la loro infallibile sicurezza, viene da Dio: «Della sua misericordia mai ho diffidato; di me molte volte»[32]. Dobbiamo aiutarli a ridere di se stessi, a non avere paura ma amore. Una coscienza ben formata porta a vivere serenamente, approfittando anche di occasioni che possono nuocere all’anima – un’immagine scomoda, un manifesto pubblicitario provocatorio, il cattivo esempio di personaggi pubblici o delle autorità – per ricordare il Signore e la Vergine, per pregare di più e con senso positivo.
Si possono ricordare agli scrupolosi alcuni principi morali. Per esempio, quando una persona vive abitualmente bene una virtù, se ha dubbi sul fatto che un particolare atto contrario sia stato un peccato mortale o veniale, deve pensare che sia stato veniale. D’altra parte, se in genere non la vive bene, in caso di dubbio dovrebbe pensare che è stata una mancanza grave. Comunque, un’anima innamorata è interessata a non offendere affatto Dio, aborre anche il peccato veniale deliberato, anche se la differenza tra peccato mortale e veniale è radicale. Si può ricordare loro che i peccati veniali possono essere perdonati da un atto di contrizione, dall’uso dell’acqua santa, dalla comunione, ecc. e, logicamente, dalla confessione; ma non aiuta ad uscire dall’ossessione confessarsi – per scrupolo – ogni volta che si ha dei dubbi. Volere definire esattamente il grado di peccato, con un’esatta percentuale di bontà o di malizia, è di solito una preoccupazione scrupolosa.
Vale la pena insistere sull’amore di Dio, che ci cerca come il migliore dei genitori, e sulla filiazione divina che ci permette di rispondere con fiducia alla chiamata come figli prediletti. È utile che queste persone comprendano bene che cos’è la virtù – e imparino a vivere secondo la virtù – la legge, la coscienza e soprattutto l’azione dello Spirito Santo nelle anime attraverso la grazia e i sacramenti; e, in modo pratico, che comprendano che ci sono molti modi per piacere a Dio e che ognuno ha la sua via – in Gesù Cristo, guidati dallo Spirito Santo – per arrivare a Lui.
Nel compito di aiutarli a risolvere le loro preoccupazioni, i loro problemi devono essere presi in seria considerazione, il che li rassicura e li riempie di serenità. Li aiuta vedere energia e fermezza nei consigli, chiedendo loro di aderire ai criteri che vengono loro presentati. Può essere opportuno spiegare come utilizzare al meglio il sacramento della confessione: che si limitino ad esporre i fatti, ricordando che il giudice è il sacerdote e non loro; e che l’obbedienza al consiglio del confessore sarà il modo in cui formeranno una coscienza pulita e saranno liberati dai loro scrupoli.
È necessario semplificare la loro vita interiore e incoraggiarli ad accrescere la fiducia in Dio. Possono imparare a fare un semplice esame di coscienza, con poche domande: è la luce di Dio che conta, non l’introspezione a cui sono inclini. Si consiglia di limitare i tempi d’esame a poche domande ben definite. Bisogna insistere sull’utilità di dimenticare se stessi, avere un lavoro abbondante pieno di significato e preoccuparsi per gli altri. Questa è, umanamente e soprannaturalmente, una risorsa splendida, e Dio darà loro la luce, come ricompensa per la buona volontà.
Anche se può sembrare un paradosso, gli scrupoli si attenuano quando si favorisce un sano senso di colpa, che oggi tende ad essere eliminato. Cioè, quando si accetta la possibilità di essere colpevole, con tutte le sue conseguenze, e di poter chiedere perdono! In questo modo, il rimorso si trasforma in pentimento.
3.8 Disturbi alimentari
Sono caratterizzati da alterazioni comportamentali nei pasti e da una percezione deformata del peso e della propria immagine corporea. Prima dell’insorgenza dei sintomi, c’è spesso un difetto di identità personale. Le cause sono genetiche, biologiche e psicologiche. Sono frequenti il perfezionismo, la mancanza di equilibrio affettivo, le paure, storia di abusi, deficit emotivi e cognitivi, la depressione, l’ansia e i disturbi di personalità.
Giocano un ruolo altri fattori familiari come l’obesità di uno o di entrambi i genitori, i conflitti o l’eccessiva preoccupazione per il peso. Le cause precipitanti possono essere la separazione dei genitori, la necessità di lasciare temporaneamente la famiglia, una malattia fisica, un incidente o un’esperienza traumatica. Ricordiamo che l’obesità non è una malattia psichiatrica, anche se può nascondere un’ansia eccessiva o un umore fluttuante. I disturbi alimentari più importanti sono due.
Anoressia nervosa: alterazione della percezione dell’immagine corporea e paura patologica dell’obesità, che porta a non mangiare e a una perdita di peso che mette a serio rischio la salute. È presente quasi esclusivamente nelle donne (95 %). Di solito inizia nell’adolescenza. Sebbene anoressia significhi mancanza di appetito, l’appetito non è influenzato se non in fase avanzata.
La bulimia nervosa si verifica con episodi ricorrenti, almeno due volte alla settimana, di abbuffate, durante le quali la persona mangia grandi quantità di cibo e si sente incapace di smettere di mangiare. Poi vengono gli sforzi compensativi per prevenire l’aumento di peso: vomito autoindotto, abuso di diuretici e lassativi, esercizio fisico esagerato. Anch’esso colpisce principalmente le donne.
Se si sospetta la presenza di queste malattie, bisogna consultare un medico. Il trattamento comprende alcune forme di psicoterapia e farmaci, soprattutto per prevenire le ricadute e ridurre l’ansia o la depressione. Da parte della famiglia e di coloro che si occupano di questi pazienti, la pazienza è importante. A chi soffre di anoressia può essere detto quanto sia pericoloso il suo atteggiamento e tentare di trasmettere la certezza che riacquistando peso anche la percezione di se stessa migliorerà. Nella direzione spirituale è necessario promuovere la sana autostima di essere figli di Dio, mettendo in evidenza le tante buone qualità che la persona possiede. Gli argomenti di interesse e gli hobby dovrebbero essere allontanati da ciò che è ossessivo, come in altre situazioni simili; si cerchi cioè di spostarli su terreni diversi dal cibo e dal peso. La bulimia è trattata in modo simile.
3.9 Alterazioni della sessualità
Ci sono molti disturbi nel campo della sessualità. L’attività sessuale incontrollata crea dipendenza e, se iniziata troppo presto, senza attendere la normale età del matrimonio, può portare ad alterazioni psichiche. Ci sono persone che si concentrano in modo sproporzionato su ciò che è più fisico e animale: molti diventano incapaci di vedere il rapporto tra sessualità e amore o donazione, la procreazione dei bambini, ecc. Alcuni lo sviluppano in modo chiaramente patologico e considerano gli altri solo un oggetto di piacere.
Molti semplici inconvenienti possono essere risolti chiarendo la coscienza o con il consiglio di un medico prudente, o anche con la lettura di un buon libro. Nella direzione spirituale, si dovrebbero conoscere gli aspetti morali, per dare formazione e tranquillità. Quando si sospetta qualcosa di patologico, con prudenza, è consigliabile suggerire una visita da uno specialista che abbia un’idea adeguata dell’essere umano e della sua sessualità.
Purtroppo, alcuni psichiatri consigliano una sessualità senza regole. Se mantengono un po’ di buon senso, non sostengono che tutti i comportamenti sessuali sono normali, ma in pratica non vedono limiti.
Le principali alterazioni psichiche nella sessualità sono le disfunzioni, che compromettono l’esercizio di questa facoltà: sono frequenti e possono avere un’origine psicologica o organica; per molte di queste esistono terapie efficaci ed è conveniente consultare medici esperti. Poi c’è anche il disordine dell’identità di genere (oggi chiamato disforia di genere), o ferma convinzione di appartenenza al sesso opposto, e le parafilie, dove l’oggetto dell’appetito sessuale è inadeguato (p. es. la pedofilia).
Il fenomeno della masturbazione, senza essere una malattia, può indicare un disagio psichico se usato come metodo per combattere l’ansia. A volte è la manifestazione di un disturbo ossessivo. Gli specialisti notano che questi atti lasciano un senso di vuoto interiore, anche in persone che non hanno mai sentito parlare del sesto comandamento del Decalogo. Non si può dire che sia innocuo o indifferente. Proprio perché è un disordine, compromette l’intera persona.
Il danno che la masturbazione fa alla vita spirituale è grande. Il fatto che sia frequente in periodi come l’adolescenza non significa che sia salutare. I genitori, gli educatori e gli accompagnatori spirituali possono aiutare i giovani a formarsi su questi aspetti e a combattere serenamente – senza paura o caricando su di loro colpe controproducenti -, sapendo che è possibile vincere, con la grazia di Dio e con i mezzi consueti. In questo modo, la cattiva abitudine non diventa un vizio sempre più difficile da sradicare, anche dopo il matrimonio.
Anche l‘attività omosessuale non è considerata una malattia da molti psichiatri ed è evidente che in alcuni casi corrisponde ad una scelta più o meno libera del soggetto. Tuttavia, ci sono persone che, in modo del tutto involontario, scoprono in se stesse una tendenza omosessuale formatasi in seguito a circostanze legate all’educazione familiare, alla vita infantile e all’adolescenza: molti sono in grado, con la grazia di Dio e l’aiuto di specialisti, di superare il problema[33]. Altri, talvolta sotto la pressione di gruppi di attivisti, cercano di convincersi che la pratica omosessuale è loro connaturale, sicura, piena di bontà e di gioia (ideologia gay). In ogni caso, l’esperienza mostra una grande sofferenza in molte persone che sperimentano un desiderio sessuale per lo stesso sesso.
Come afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica, l’ordine morale richiede che l’uso della facoltà sessuale avvenga nel quadro delle normali relazioni coniugali, in un «contesto di vero amore»[34].
Una buona antropologia della sessualità, intesa in relazione all’amore, è fondamentale per prevenire e aiutare in queste situazioni, che spesso riflettono un problema esistenziale più profondo. L’educazione alla capacità di amare, all’interno della famiglia, getterà le basi per uno sviluppo sano. Il piacere deve essere considerato un effetto e non un fine. Altrimenti, si potrebbe addirittura arrivare ad eliminare la soddisfazione, anche quella sensuale. Il momento specifico dell’espressione dell’amore sessuale è il matrimonio: solo in esso sono presenti le caratteristiche più positive della donazione, e si apre il cammino ad un rapporto specificamente umano.
I giovani devono essere avvertiti del rischio – non solo morale, ma anche per la salute – dell’attività sessuale troppo anticipata, come dimostra la psicologia: «Il giovane che venga spinto prematuramente verso una vita puramente sessuale, non potrà più pervenire ad una valida sintesi tra erotismo e sessualità»[35]. Non uscirà da se stesso verso l’altro, non sarà in grado di amare veramente. Essi compromettono la stabilità di un futuro matrimonio, lo sviluppo di altre competenze, gli studi e la professione e aumentano il rischio di malattie mentali e sessualmente trasmesse.
Nella direzione spirituale, di fronte a problemi di questo tipo, bisogna ascoltare, sapendo che può essere più difficile per una persona parlare, per vergogna. L’obiettivo è quello di aiutarli ad imparare ad amare, che sarà la migliore garanzia di una vita sessuale degna dell’essere umano. Se la questione della sessualità è sempre al primo posto, c’è qualcosa di sbagliato: molti altri interessi, ideali e valori devono essere messi al primo posto. Una persona con attività sessuale incontrollata, frequenti atti contrari alla virtù della castità, o con una tendenza omosessuale che vorrebbe cambiare, trarrà beneficio dall’assistenza medica o psicologica.
È sempre necessario cercare le cause delle difficoltà ricorrenti e porvi rimedio. Se la disponibilità della persona interessata a risolvere la questione è confermata, ma non riesce a farlo con i normali consigli, si dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di un malessere psicologico. L’ansia, la depressione, l’ossessività, altri disturbi della personalità o tratti come il vittimismo contribuiscono a questi problemi.
Più in generale, un’educazione adeguata deve portare alla maturità degli impulsi, cioè alla loro integrazione nell’insieme della personalità, che ha una chiara dimensione auto-trascendente. Occorre promuovere una vera intimità: difendere il regno intimo, il pudore e la modestia; insegnare a vestirsi adeguatamente secondo le circostanze familiari e sociali, nel rispetto degli altri e di se stessi. A volte un abbigliamento povero e provocatorio riflette insicurezza e bassa autostima. Qualsiasi consiglio, comunque, non deve darsi o apparire come una semplice regola esterna e rigida. Vale a dire, dobbiamo dare ragioni, cristiane e di carattere antropologico più generale, sul perché è opportuno comportarsi in un certo modo, affinché ognuno possa agire con piena libertà interiore.
3.10 Alcolismo e tossicodipendenza
L’alcolismo e la tossicodipendenza sono problemi di enorme rilevanza sociale, soprattutto perché sono aumentati in modo sproporzionato in molti paesi e colpiscono sempre più i giovani. Non è possibile essere esaustivi su un argomento così ampio, che potrebbe includere molteplici aspetti[36]. Né pretendiamo di parlare di tutte le condizioni morali del consumo di alcol, che può essere eccessivo e molto dannoso, senza diventare perciò stesso una dipendenza, o essere legittimo e buono se regolato con moderazione. La tossicodipendenza, d’altra parte, non è mai moralmente accettabile, perché danneggia la salute psichica, fisica e spirituale anche a basse dosi: non esiste un vero e proprio uso ricreativo delle droghe.
Ci concentreremo ora sulla situazione medica nota come dipendenza da sostanze, alla quale spesso conducono l’alcool e le droghe e che è correlata ad altri disturbi psichici. Assomiglia alle malattie ossessivo-compulsive. La persona non è in grado di controllare i suoi impulsi, il che finisce per generare un’abitudine che, in qualche modo piacevole, rende ancora più difficile liberarsene. Questo accade anche se il soggetto è consapevole che questa abitudine o sostanza lo danneggia o rappresenta un rischio. Il piacere può essere percepito sotto forma di piacevoli sensazioni psicofisiche: disinibizione, percezioni allucinatorie, eccitazione della sensualità, oppure come dimenticanza o evasione da pesi, preoccupazioni e responsabilità. In alcuni casi, l’obiettivo principale è che i soggetti si rendano conto che ciò che desiderano è nocivo per loro. La direzione spirituale gioca un ruolo importante, aggiungendo motivi soprannaturali alla necessità di liberarsi di un vizio. Il consumo di alcol che causa dipendenza è sempre un male, in quanto porta a gravi danni morali e fisici.
Le persone con dipendenze patologiche hanno bisogno di molto sostegno e vicinanza. Devono essere aiutate a scoprire i punti negativi della loro dipendenza e le loro caratteristiche dannose. Quando si rendono conto che la droga o l’alcool – come altri capricci pericolosi – non sono una fonte di vero piacere ma un problema che toglie loro l’autonomia, sono in grado di risolvere la situazione. I meccanismi psichici sono simili ad altre condizioni che riducono la libertà: ossessioni di qualsiasi tipo, dipendenza dal gioco d’azzardo, ossessione per la sessualità, per il cibo, ma anche per attività più innocue che diminuiscono l’autogoverno, come il fumo eccessivo – la possibile immoralità del tabacco non è nel suo uso, ma nell’abuso -, nella lettura o nel guardare Internet senza controllo o limiti (oggi noto come Internet Addiction Disturb: IAD), e così via.
Un obiettivo importante per alcolisti e tossicodipendenti – e altre dipendenze – è scoprire il senso dell’esistenza, recuperare la fiducia nella vita quotidiana, nella possibilità di lavorare, di avere ideali, di essere utili. Affinché la terapia produca dei buoni risultati è importante che le persone affette trovino forti motivazioni per rompere con uno stile di vita dannoso. Una ricca esistenza spirituale, l’amore di Dio, la bellezza della creazione se si guarda al Creatore e agli altri, forniscono valide ragioni.
Nell’accompagnamento spirituale, oltre a consigliare l’assistenza medica solitamente indispensabile in caso di dipendenza, è opportuno chiarire il danno morale, l’offesa a Dio che suppone l’uso di droghe o alcool in eccesso; e avvertire che questo spesso porta ad altri mali, come il furto per procurarsi la sostanza, gli attentati alla vita degli altri sotto l’effetto dannoso dei prodotti, i peccati contro varie virtù, ecc. È utile parlare delle amicizie che si hanno e incoraggiare, se necessario, a lasciare alcuni ambienti che favoriscono le ricadute; e anche dell’obbligo morale di evitare occasioni di peccato[37].
Il sostegno alle famiglie è fondamentale. Oltre ad aiutare i malati a riconoscere il problema, possono imparare a identificare i momenti in cui il desiderio di alcol o droghe diventa più forte, per poi sostenerli in modo speciale. Gli stimoli verso la droga o l’alcol (o altre attività che creano dipendenza, come il gioco o la pornografia) sono solitamente situazioni di solitudine, stanchezza, noia, ansia o rabbia; scoprirli tempestivamente permette di prendere contromisure per prevenire ricadute. Quando una dipendenza patologica è stata lasciata alle spalle, è necessario vigilare con attenzione, per evitare che i pazienti ritornino a ciò che ha causato loro piacere o euforia (ai loro paradisi artificiali). È utile che il loro tempo sia ben occupato e che la loro vita sia riempita di significato: un lavoro stabile, attività di volontariato, svagarsi con la famiglia, con gli amici, servire i più bisognosi. L’escalation osservata nel fenomeno delle dipendenze dannose è legata alla crisi dei valori della società e della cultura, insieme all’attivismo frenetico, alla competitività esagerata e alla superficialità delle relazioni sociali[38].
[23] Cfr. Gordon W. Allport, Psicologia della personalità, Pas-Verlag, Zürich Roma 1969, p. 24.
[24] San Josemaría Escrivá, Forgia, n. 468.
[25] Cfr. Javier Cabanyes Truffino, Personalità, in La salud mental y sus cuidados, cit. pp. 85-98.
[26] Una preziosa analisi dell’egocentrismo si trova in: Joan Baptista Torelló, Psicología y vida espiritual, Rialp, Madrid 2008, pp. 110-127.
[27] San Josemaría Escrivá, Cammino, n. 837.
[28] Santa Teresa de Lisieux, Storia di un’Anima, Manoscritto C (278)..
[29] San Josemaría Escrivá, Forgia, n. 252.
[30] San Josemaría Escrivá, Solco, n. 762.
[31] Benedetto XVI, Spe Salvi, n. 24.
[32] Santa Teresa di Gesù, Libro della Vita, in Opere complete, Paoline, Milano 1998, cap. 9.
[33] Javier Schlatter Navarro, Juan Carlos García de Vicente, Dificultades en la orientación sexual, en La salud mental y sus cuidados, cit. pp. 357-368
34 Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2352.
[35] Viktor Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, Morcelliana, Brescia 1972, p. 200.
[36] Pedro Antón Fructuoso, Conductas adictivas, in La salud mental y sus cuidados, cit. pp. 387-394; José Ramón Varo, Adicción al alcohol y a drogas, in ibidem, pp. 395-405.
[37] Cfr. Miguel Ángel Monge, Pastorale terapeutica, in Medicina pastorale, cit., pp. 449-477
[38] Cfr. Carta degli operatori sanitari, cit. nn. 92-103.
[39] Cfr. Miguel Ángel Monge Sánchez, Vida espiritual y enfermedad psíquica, in La salud mental y sus cuidados, cit. pp. 201-212.